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Riflessione a Facebook

Vi sarete accorti, cari amici che ho lasciato Facebook. Forse lo usavo più come “sistema di espressione personale“, ma mi piaceva perché a volte, oltre il rumore di fondo, girano idee, la gente crea contenuti, esprime opinioni, o condivide roba stimolante. Eppure, usando questo social, ho trovato una serie di motivazioni che mi hanno portato a disattivare il mio account.

Per iniziare: è facile, usando questo sistema, rinunciare a forme di comunicazione più diretta, che però costituiscono molti di quei “riti” su cui si fondano i rapporti sociali. Un esempio banale: leggendo i messaggi di stato dei nostri amici ci priviamo della possibilità di cercarli per chiedere loro come stanno, mostrare loro interessamento.

Allo stesso modo, anche raccontare ha molti più significati del semplice far sapere. Quando raccontiamo ad una persona di noi, dei nostri pensieri, ci “scarichiamo” su di lei, la rendiamo parte di noi, partecipe di quello che ci succede. Le diamo una parte attiva nella nostra vita, perché la investiamo di un ruolo (anche solo chiedendole un parere), e la rendiamo in questo modo significativa per noi. È molto diverso rispetto a quando scriviamo qualcosa in bacheca: mettiamo i nostri pensieri a disposizione di tutti, senza rivolgerci a nessuno, ma comunque sperando che i nostri amici per caso leggano il post e magari commentino.

È diverso in primo luogo per il “mettere a disposizione”: non stai mostrando qualcosa ad un amico, e non gli stai chiedendo un’opinione. Inoltre, nella maggior parte dei casi, la speranza è quella che i nostri amici, o uno dei tanti contatti su facebook commenti quello che abbiamo scritto. I post, però, non richiedono una risposta; non sono fatti per quello, e, malgrado le notifiche, i tuoi amici leggeranno il tuo post soltanto per caso.

Allo stesso modo, è facile perderci qualcosa dei nostri amici, che invece vorremmo sapere (non farci sfuggire neanche una notizia su facebook, in un certo senso, diventa un nostro dovere). Magari anche loro si aspettano che qualcuno legga e commenti il loro post. Ed è facile così venire a sapere soltanto “pezzetti” di vita dei nostri amici: possiamo venire a sapere che un amico è stato lasciato dalla ragazza quando non sapevamo neanche fosse fidanzato; davvero siamo partecipi della sua vita, così? Raccontarsi via Facebook è un sistema che semplicemente non funziona. Vale la pena di stare al gioco per poter essere letti da un maggior numero di persone?

Riflettendoci, non mi interessa così tanto che quello che scrivo venga letto da tutti i miei contatti, per la maggior parte semi-sconosciuti. Preferisco essere un buon amico, anche solo per poche persone; e magari sentire alcuni amici più lontani che sentirli come amici a metà: non voglio esserci solo quando leggo i loro post su facebook, e non voglio nemmeno essere un semplice spettatore.

Non mi piace poi leggere i dettagli delle vite di persone che praticamente non conosco, o che comunque non mi racconterebbero quello che finisco per leggere… Insomma, io che c’entro con le loro vite? Magari è qualcosa che non sopporto per timidezza, come non riesco a guardare foto di sconosciuti senza l’impulso di cambiare subito pagina; o magari è così per tutti, ed è semplicemente triste sapere così tanto di vite in cui non hai nessuna parte, leggere belle notizie da gente così sconosciuta che non ti puoi neanche complimentare, trovarti ad approfittare di qualcosa vagamente in nei tuoi interessi (musica, per esempio) per dare una tua opinione. Sono stanco dei semi-sconosciuti: la gente a cui ho permesso di essere dentro la mia vita, la voglio salutare, quando la vedo!

Le chat hanno problemi simili, quella di facebook in particolare. In parte c’è dannatamente più distanza: io lo voglio il mio sacrosanto diritto di offendermi quando la gente non risponde al saluto o ad una mail! In parte è una questione di ipocrisia: un tempo ti interessavi ai tuoi conoscenti quando li incontravi in giro. Scambiavi un saluto, anche solo quello, per poi scappare via dopo una manciata di secondi. Le liste di contatti in linea hanno cambiato la situazione: c’è un mare di gente, più o meno conosciuta, sempre a tua disposizione. Soltanto, in quel momento, non hai il tempo di contattarla (neanche un saluto), e rimandi alla prossima volta. Finché ci sono persone che non senti più da una vita e non sai perché, vecchi amici o persone che avevi aggiunto e ti eri ripromesso di conoscere. Alla fine, forse, puoi riuscire a trovare il tempo per sentire un po’ di gente, ma interessarsi agli amici diventa subordinato al tempo libero, quasi un passatempo. Per non contare che, quando hai voglia di sentire una persona, ti ritrovi ad aspettare che si connetta. Gli sms forse non sono tanto il male assoluto come pensavo.

Ultimo motivo: I social network sono una valvola di sfogo tanto efficace quanto odiosa. Tanta gente usa i messaggi personali di msn, o i post in bacheca, per lamentarsi. È qualcosa di profondamente sbagliato. Da parte mia credo che il non poter più pensare “ora scrivo su facebook che mando il mondo a farsi friggere” (non lo farei mai, comunque) sia qualcosa di positivo.

In conclusione, credo di aver fatto tutte queste critiche perché Facebook, come internet in generale, sta cambiando tanto la nostra società da rendere difficile il costruirsi dei rapporti sociali “come dovrebbero essere secondo la mentalità che c’è stata fino ad ora”. Facebook non è affatto il male, anzi, apre un mare di possibilità, è un grande punto di incontro, e uno strumento formidabile anche per restare in contatto con centinaia di conoscenti. Tuttavia, credo che a conti fatti tolga più di quello che dà. Certo, si può sempre usare Facebook solo per alcune cose, e non tutti lo usano male, o sono incapaci come me nel gestirlo. Ma, per gli usi che non ho criticato, a questo punto preferisco sostenere le care vecchie mail… posso perdermi qualcosa, o la gente può non trovarmi sottomano quando si ricorda di me. Tanto meglio.

Nonostante tutte queste critiche strutturali al social, non è escluso che un giorno possa riaprire il mio account magari potrò averne un’impressione diversa. Ma per ora sto troppo semplicemente bene senza.

Per quanto riguarda il raccontarsi “indirettamente”, permettetemi di dire che i blog sono tutta un’altra cosa. Per me sono un posto dove mettere riflessioni, e per buttare giù e raccogliere quanto più possibile di mio. Sono un mezzo molto lento, non si sostituiscono alla comunicazione diretta. E anche i contenuti sono diversi: scrivendo un post si astrae per forza la realtà: non parliamo solo di cosa è successo, ma di idee e di sensazioni. Queste sono valide per tutti! e il lettore ha un ruolo attivo anche solo perché legge e riflette.